giovedì 29 settembre 2011

ALLUSIONI

ALLUSIONI
Gionata Mirai
- Niegazowana/La Tempesta - 2011

"È un disco acustico perché voglio che sia riproducibile in qualsiasi condizione (...)". "È un disco strumentale perché il livello della comunicazione, questa volta, non ha a che fare con le parole, con le lingue o con dei codici formali". "È un disco da solo perché ciò che ho suonato fa parte di un aspetto di me come persona e come chitarrista così intimo e antico (...)". "È un disco classico, nel senso che credo di avere finalmente fatto pace con quei tre anni di chitarra classica che feci da bambino e che ho sempre pensato non mi fossero serviti a nulla". "È un disco hardcore, nel senso “antico” del termine. È veloce, breve, scarno nel suono, intricato nella costruzione, ma semplice nella tecnica che lo compone". "È un disco politico perché è stato concepito a partire dalle immagini del recente disastro giapponese e perché parte dalla volontà di prendersi la libertà di pensare ad un mondo un po’ più bello di quello in cui ci troviamo". Raramente i comunicati stampa che accompagnano nuove release discografiche centrano la ragione d'essere del disco in promozione illustrandone in modo chiaro e senza fronzoli le caratteristiche. Lo fa benissimo Gionata Mirai, leader dei Super Elastic Bubble Plastic e chitarrista di lungo corso de Il Teatro degli Orrori. Proprio in una pausa da entrambe le sue band, il buon Gionata rispolvera le lezioni di chitarra classica prese il secolo scorso e ci innesta sopra la tecnica del fingerstyle. Ventiquattro minuti accompagnano l'ascoltatore; scorrono fluidi, dinamici, pulsanti, rigogliosi, avvilupandosi alle nostre orecchie come l'edera, mentre l'incessante arpeggio cresce lento e inesorabile. Nel moto perpetuo di Allusioni, peraltro unica traccia del cd, le tensioni del vivere quotidiano tanto si accentuano quanto si stemperano. Il confine tra i due estremi è sottile e labile. Mirai lo attraversa di continuo stando al passo con i ritmi che il villaggio globale impone. Eppure, al tempo stesso, se ne distanzia. E guarda. Osserva. Medita e ragiona. Lascia sia la sua dodici corde a parlare. Nessun proclama. Nessuna distorsione. A tratti pare affiorare il fantasma degli Alice In Chains di Whale & Wasp; ma è solo una luccicanza, un bagliore assai lontano. Una delle tante possibili vie percorribili cui il lavoro allude in modo quasi inconsapevole e con taglio impressionistico, tra un quadro di Monet e un dipinto di Renoir. E allora chiudiamo gli occhi e accompagnati da una sorta di spirito guida attraversiamo campi e pianure, corriamo a perdifiato giù da una collina, ci arrampichiamo in vetta a cime proibite e ci facciamo trasportare dal moto lento del grande fiume. È un viaggio nel tempo, nella storia, a ritroso, fino al giorno della nostra nascita. Mai un attimo di requie dunque, mentre un senso di oniricità e ovattamento ci culla dai pericoli e ci protegge. Poi d'improvviso la musica finisce. Si stacca la spina a cui eravamo attaccati. E torniamo alla realtà.

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