mercoledì 26 settembre 2012

MANOLOCA: FUORI DAL CORO
 
Metti una band al disco d'esordio e una serata passata in compagnia dei musicisti che la compongono, confusi tra il pubblico accorso per ascoltare i loro racconti e le loro storie dal vivo. Incrocia le dita per un aftershow lontano dagli eccessi dello stardom e dall'isteria popolare e, in assoluto relax, avrai una chiacchierata informale con una nuova realtà musicale capace di sorprendere per grinta e impegno. Massimo Vecchi, bassista di lungo corso dei Nomadi, è il frontman. Con lui un manipolo di agguerriti appassionati delle sette note a nostra disposizione. È, più o meno, andata così.
 

Come, dove, quando e per quale motivo nascono i Manoloca?
Agostino: Manoloca, prima ancora di chiamarsi tale è un gruppo nato per produzioni musicali sotto la direzione di Massimo Vecchi. Non esiste una data precisa, ma possiamo collocare l'inizio intorno al 2002.
Massimo: Nascono per un motivo molto semplice: io ho la presunzione di poter fare musica anche nei ritagli di tempo che mi lasciano i numerosi impegni coi Nomadi. Cosa importantissima è essermi trovato, oltre che in un gruppo di musicisti, in un gruppo di grandissimi amici. Noi ci troviamo davvero bene insieme, condividiamo lo stesso modo di pensare e di intendere la musica. Non che questo non si verifichi con i Nomadi; semplicemente, trovandomi in sintonia anche con questo gruppo di ragazzi abbiamo deciso di unire le nostre forze.
Agostino: Il feeling tra di noi è stato subito molto intenso. Con molta semplicità, dopo aver terminato il primo progetto nel 2006, il cd FORSE UN GIORNO di Marzia Vattai, pubblicato per la Segnali Caotici, noi della band abbiamo girato gli occhi verso Massimo; il resto è facile da indovinare.
Massimo: Questa collaborazione nasce infatti qualche anno fa, quando ci trovammo a fare dei lavori "conto terzi". Successivamente avendo da parte alcune canzoni le feci sentire ai ragazzi: loro si sono innamorati del sound e di dove volevamo andare a portare la nostra musica. Ci siamo trovati dunque in maniera naturale, senza nemmeno metterci d'accordo, ma con lo stesso intento e lo stesso fine. In questo modo siamo giunti anche alla realizzazione del cd.

Chi è il Franco Erenti che troviamo nei crediti dell'album?
Agostino: Varie persone si sono alternate all'inizio di questo progetto; una di queste è proprio Franco Erenti che è stato parte del gruppo quando già avevamo iniziato la stesura dei brani di LONTANO DAL CERCHIO; da qui la sua firma tra gli autori.
Massimo: Franco era un ragazzo che aveva cominciato l'avventura con noi e che successivamente, per una serie di vicissitudini personali, ha lasciato; però ci è sembrato giusto, visto che il progetto era nato anche con lui, dargli il credito sulle canzoni. Vedi, la nostra è un po' una democrazia, una società aperta: anche se magari un'idea viene a me o a qualcun altro, noi firmiamo tutti insieme perché ognuno ha portato, e porta, del suo nella lavorazione del disco.
 
Con che criterio Massimo ha scelto di destinare i brani per i Manoloca anziché portarli nei Nomadi?
Dave: La domanda non si pone; Massimo scrive le bozze dei brani pensando al destinatario. Noi non siamo i Nomadi e viceversa. L'identità è molto diversa. Massimo in compenso ha l'elasticità di scrivere sapendo quale spirito deciderà il carattere del brano.
Massimo: Io ho composto questo tipo di canzoni non col pensiero di portarle nei Nomadi, ma pensando di fare un progetto alternativo a quello che significa essere con loro. La cosa bella, se vuoi, è che in questo caso non ho avuto alcun tipo di imposizione di sorta: quello che volevo fare l'ho fatto, quello che volevo dire l'ho detto, quello che volevo suonare l'ho suonato. Sono contento che la gente l'abbia accolto bene. Volevo fare un disco che mi rappresentasse al 210%, un disco di combat rock. Che poi è quello che nel limite del possibile rispetto al sound dei Nomadi ho sempre cercato di portare anche là. Però sappiamo che il sound dei Nomadi è un sound ben definito e ha una determinata storia. Con i Manoloca io ho una storia alternativa, posso spaziare di più, portando brani direttamente in questo contesto, senza aver bisogno di fare una cernita iniziale. Questo è un progetto a parte e son contento che sia così.
 

Combat rock: siete d'accordo con la definizione usata da Massimo per descrivere la vostra musica?
Franz: Siamo ovviamente d'accordo con quanto detto, anche se lo spirito combattivo, che non risulta da una decisione a tavolino, ma è semplicemente la risultante naturale del nostro pensiero quotidiano, è una delle possibili chiavi di lettura. C'è anche l'ironia che caratterizza Il Prestigiatore, l'affresco psicologico realizzato ne Il Tuo Ritratto, l'omaggio storico de Il Ponte. Combat rock vuol dire che niente di quello che intendiamo dire è per noi superficiale. Potremmo anche sbagliare nelle nostre valutazioni sociali, o politiche, ma lo diciamo in maniera decisa.
 
Perché il titolo LONTANO DAL CERCHIO?
Dave: Devo darti il merito di essere tra i pochissimi che hanno posto la domanda. La genesi del titolo è stata laboriosa. Abbiamo cercato una formula non stantia per definire il fatto che non siamo d'accordo con molte realtà che viviamo costantemente (anche in questo senso torna il combat rock). Non pretendiamo di essere "fuori" dalla realtà sociale ma ci permettiamo la libertà di non essere d'accordo, cioè "lontani" dall'enorme cerchio, geometria costante per definizione, che rappresenta idealmente la conformità formale, la convenzione, la sicurezza, la paura della diversità.
 
Riguardo i testi, è tangibile l'aspetto sociale che li caratterizza; quali esperienze hanno spinto il vostro interesse verso queste tematiche?
Agostino: Parlando tra noi abbiamo scoperto velocemente che avevamo molte opinioni concordanti su quello che ci piace e quello che troviamo disgustosamente ingiusto. Avendo questa capacità musicale in comune è stato spontaneo cominciare a pensare di suonare dei brani che esprimessero questo stato umorale condiviso. Ma non ci fraintendere; non siamo tutti uguali, anzi, ci si potrebbe stupire di come fanno persone diverse in termini anagrafici e di formazione a trovare un punto di dialogo comune. Ma questa è la magia della (buona) volontà. Le nostre differenze non fanno altro che stimolarci a vicenda.
Massimo: Dirti come sono nati, per quale motivo... beh, neanch'io saprei farlo. Di certo c'è che ho avuto un periodo, qualche anno fa, perché devi sapere che questi pezzi iniziano ad avere ormai qualche anno di vita, in cui in un mese le canzoni mi uscivano "a palla", una dietro l'altra. Mi sono perciò ripromesso di convogliarle, a tempo debito, in un progetto che raccogliesse le emozioni che stavo vivendo allora. E che continuo a vivere in questo periodo! Per cui sto continuando a comporre canzoni, tant'è vero che fra un po' uscirà un altro disco dei Manoloca. Sono perciò nati in questa maniera. Magari arrivavo in sala prove con il classico provino chitarra e voce, lo si ascoltava e si procedeva ad arrangiarlo insieme. È stato un mese di folgorazione creativa pazzesca. Ci siamo veramente caricati a manetta, divertendoci un sacco.


Il passaggio dei Nomadi da una major ad una propria etichetta discografica ha aiutato ad accellerare anche la pubblicazione del vostro cd?
Dave: "Aiutato" non è la parola giusta. Di fatto il loro cambio è stato per noi ininfluente ai fini della pubblicazione. Forse col nostro carattere avremmo fatto più fatica a far collimare la nostra identità con le esigenze di una major.
Massimo: In realtà quando è nato LONTANO DAL CERCHIO noi Nomadi facevamo ancora parte dell'Atlantic per cui non avevo pensato che il cd potesse vedere la luce proprio nel momento in cui saremmo tornati indipendenti. In seguito alcune condizioni sono mutate e le cose hanno preso la piega che hanno preso. Per rispondere alla tua domanda: probabilmente ha anche aiutato, ma non era di certo prestabilito. Si vede che era destino andasse così.  
 
Ci sono stati problemi nel trovare date per i concerti di supporto all'album vista l'atavica mancanza di spazi e il proliferare di tribute/cover band?
Daniele: Usiamo pure il verbo al presente: ci sono tutt'oggi, e forse più di ieri, difficoltà nel trovare gestori coraggiosi che investano nella musica senza essere terrorizzati dal budget. E non hanno nessuna influenza negativa le tribute bands in quanto tali. Suonare non è mai, di per sé, una colpa. È invece terribile che questo stato di cose porti i gruppi meno decisi a soccombere di fronte alle modalità spesso crudeli di molti gestori di locali, che ricattano letteralmente i musicisti con compensi basati sulle percentuali degli incassi, peraltro mai dimostrabili, o di entità vergognosa anche per un qualsiasi artigiano. "Quanta gente porti?" è la domanda che quasi tutti i gruppi si sentono fare. La risposta naturale sarebbe "se devo suonare solo di fronte ai miei amici allora mi faccio una festa per i fatti miei e tu se vuoi vendere la tua birra vieni pure da noi. Te la pagherò in percentuale rispetto a quanto i MIEI amici bevono."
Massimo: Ho più problemi a confermarle! Con il fatto che i Nomadi mi assorbono il 90% del tempo io posso lavorare coi Manoloca a livello di date due mesi l'anno, a ottobre e a gennaio, perché ufficialmente siamo fermi con Beppe e gli altri. Magari riesco a ritagliarmi degli spazi anche nel corso dell'anno, ma posso confermare queste eventuali date solo nell'imminenza del concerto.
 
Cosa che non si sposa con le esigenze dei gestori dei locali, suppongo...
Massimo: Esatto. Questa difficoltà nel confermare le date piuttosto che ad averle, da una parte mi riempie di gioia perché significa che l'aspetto artistico è stato capito; dall'altra mi rompe un po' le balle perché non riesco a pianificare le cose con un discreto anticipo che permetta ad un organizzatore di poterle fare. Che poi, per dirla tutta, a chi ha rischiato è andata pure bene! Perciò, lancio un appello anche a te, se volete rischiate qualcosa che prima poi arrivamo, eh,eh!
 
 
Il ruolo di Dave mi è parso decisivo nell'economia della band. Il rischio per un chitarrista è però quello di trovarsi un suono sempre più "aperto" e potente dal vivo, ma che finisce con l'essere "compresso" in studio: siete contenti di come suona l'album?
Daniele: È altrettanto vero che in studio ti puoi permettere multitracce e altre raffinatezze che nei live si perdono, o che un chitarrista, per quanto bravo, ha solo due braccia, salvo l'uso di basi, nell'esecuzione in concerto. Ma non è il nostro caso. Detto questo, se non fossimo stati soddisfatti di quello che abbiamo fatto il cd non sarebbe uscito. Forse non esiste un musicista al mondo soddisfatto al 100% della propria esecuzione; si ha sempre l'impressione che si possa fare di più, ma lasciami anche dire che l'interpretazione che ascolti su un cd è solo una delle tante possibili nella vita di una canzone.
Massimo: Siamo veramente molto contenti di come è uscito l'album. Noi non abbiamo avuto il classico percorso che prevede con tutta calma prima l'entrata in studio poi l'inizio delle registrazioni. Qui ci sono pezzi realizzati due anni e mezzo prima di altri registrati ben più recentemente; l'iter che la costruzione dell'album ha richiesto ha avuto davvero tempi biblici per cui siamo molto contenti di come è venuta la realizzazione vera e propria. Penso che il risultato sia più che dignitoso per essere un primo album. Poi è chiaro che dal vivo magari abbiamo un po' più di grinta anche perché è il live stesso che te lo richiede.
 
Sul cd Massimo riveste il solo ruolo di cantante: quale esigenza ha decretato questo tipo di soluzione?
Dave: Era nostra intenzione deliberata come gruppo che lui si esprimesse soprattutto con la voce. Volevamo che fosse svincolato dall'impegno strumentale per lasciare tutta l'energia possibile al canto, così come alla gestualità oltre che alla conduzione emotiva del concerto live. Non un clone del suo ruolo nei Nomadi, ma un Massimo inedito.
Massimo: Ho registrato alcune cose di chitarra, ho fatto una linea di basso... però, per un lavoro di questo tipo, ho preferito essere un po' più libero e concentrarmi su ciò che avevo necessità di esprimere dal punto di vista dei testi e dell'interpretazione, dando spazio agli altri per quanto riguarda la parte strumentale. Nonostante io nasca principalmente come bassista ho preferito mettere da parte l'ego del "sei capace di fare" per fare una cosa mirata, destinata al tipo di obiettivo che mi ero prefissato. È una esigenza che ho sentito particolarmente mia.
 
Gli altri Nomadi come hanno commentato l'uscita di LONTANO DAL CERCHIO?
Franz: Quelli che hanno commentato hanno detto... riassumendo con un tipico neologismo giovanile del terzo millennio "È una figata!"
Massimo: Erano particolarmente soddisfatti. Lo stesso Beppe quando gli feci sentire il provino mi aveva detto "Realizzalo che lo produciamo!" perché comunque aveva sentito qualcosa di particolare. Gli altri ne hanno voluto una copia, so che ogni tanto l'ascoltano quindi...vuol dire che va bene!!  

Andrea Barbaglia '12

un ringraziamento a Gianluca Lavazza per l'utilizzo delle fotografie
un link al seguente post è presente qui: http://www.facebook.com/ManolocaMassimoVecchi e qui: http://www.facebook.com/pages/Massimo-Vecchi/46963582472 

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