domenica 1 febbraio 2015

PAURA

PAURA
Felpa
- Sussidiaria - 2015

La nebulosa verso cui ci stiamo dirigendo è sempre più vicina. Un gorgo, un vortice sempre più lento, ma inesorabile ci attira verso sé. Non c'è alcun tipo di panico. Solo sospensione. Sconfinata e immateriale. Come il nostro corpo che fluttua nello spazio senza riconoscere i suoi stessi limiti fisici. Ogni tanto, mentre procediamo nel nostro viaggio dal Buio verso quella Luce d'improvviso sempre più forte, ci si sforza di ricordarli tutti: il medico, l'insegnante, la vicina di casa e il suo gatto. Il molestatore ubriaco, la fotografa, il ragazzino che non ti riconosce e chiede se hai da accendere; il divo caduto in disgrazia, la starlette della domenica scesa dal SUV a due passi dal corso del centro cittadino. E ancora: la corriera, il palco, la voce afona del cantante, il free drink e la febbre. In molti credono che i luoghi siano spesso fatti da persone. Il resto è semplicemente cornice. Come la finestra dalla quale un tizio, all'apparenza sui trentacinque anni di età, con la barba e gli occhiali sta rimirando, assorto in chissà quali pensieri, il panorama invernale: i tetti innevati, le orme ancora fresche lasciate da una coppia lungo la strada, il cardellino che sfida il freddo e si mette a beccare sull'asfalto. Io e te invece non stiamo pensando a niente, ma tutto ci si para davanti senza soluzione di continuità, come un affollato carosello di auto per la vittoria dei Mondiali di calcio del 1982. È solo allora che realizzi come il distacco sia una faccenda assolutamente privata che non richiede particolari appoggi, ma semplicemente tempo e pazienza. È un negativo fotografico che domanda di essere sviluppato lentamente per assaporare ogni singola posa, ogni minimo particolare, ogni piccola concessione a quegli istanti di felicità che ci hanno allietato subito dopo una caduta. Anche in questa ovattata camera oscura extraterrestre i gesti sono meccanicamente gli stessi. Nessuna richiesta di consiglio a nessuno. Una porta dietro cui esorcizzare il dolore - isolati dal mondo - non servirà a rasserenarci completamente. Non è questione di spessore. È la necessità di pace e calma che urla silenziosa dentro noi per impedirci di cadere nel baratro della depressione. Solo con questa vitale condanna dobbiamo imparare a convivere. "Ci sono ferite di striscio / che nessuno può guarire / e uomini che muoiono a ottant'anni / di coltellate prese in gioventù. / Non c'è regola." Potrebbero essere i suoni adatti per musicare i versi di Giovanni Raboni quelli di Daniele Carretti, Felpa per gli amici, al secondo lavoro solista anticipato dal siderale singolo Inverno insieme a una Rimmel degregoriana fatta propria e rinnovata. Invece PAURA è un tuffo carpiato, ritornato, con doppio avvitamento nel vuoto cosmico. Con tutto il tempo possibile per rallentare la caduta e farsi avvolgere da un pensiero che sa di infinito. Un nuovo abbandono all'interno di note, suoni e parole profonde e dolenti. Il riflesso di un pensiero; la certezza di una condizione. 

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