lunedì 22 agosto 2011

SALVATI.
Eco98
- Discipline - 2011

C'è una freschezza tutta da scoprire nel debutto su lunga distanza degli Eco98. SALVATI.. Un'esortazione e uno stato, una condizione oggettiva insieme. Fabio Galvagno, voce e chitarra della band, lascia aperta ogni interpretazione possibile a riguardo. Quello che è invece è chiaro e incontrovertibile riguarda l'essenza, la natura del cd: scampoli di storia di musica italiana affiorano più volte dai suoi solchi, intessuti, concentrati e rinnovati dal quartetto lombardo che, sulle scene dall'ormai lontano 2000, ha maturato nel corso di tutti questi anni una padronanza dei propri mezzi in grado ora di fondere brillantemente asperità rock, rotondità pop e quel pizzico di sperimentazione ben dosata che dona imprevidibilità. Per non scadere mai nel facile manierismo. Infatti, anche quando i richiami a numi tutelari di caratura elevata sono piuttosto chiari ed evidenti, si materializza quello scarto, spesso impercettibile ad un ascolto distratto, che in ultima analisi personalizza il brano. Una evidentemente derivativa È Buono (gran bel lavoro di basso per mano di Marco Crippa), nel suo riprendere il salmodiare fedele alla linea del mai banale Giovanni Lindo Ferretti abbinandolo al riff di una antica Vertigoblu, poggia su una base di robusta psichedelia e inserzioni elettroniche sconosciute tanto ai C.S.I. quanto agli stessi Bluvertigo. L'anomalo crossover arioso espresso dalla band scorre così rapido e accattivante. Del resto l'omonima title track metteva in chiaro quelle che sono le regole di ingaggio: stacchi corali di grande effetto che i Timoria di Omar Pedrini avrebbero apprezzato e musiche quadrate per un interessante episodio sonico in cui affiorano prepotentemente tendenze math rock, pulsioni Sixties e ricordi grunge. Ma già con la deliziosa Settimane Mesi Anni si cambia registro, venendo proiettati Oltremanica per una nervosa composizione ritmica tra Kaiser Chiefs e Bloc Party, sfogo indie rock molto British prima di voltare una volta ancora pagina. La leggerezza di Strato Urbano è strepitosa: con la stupenda massima "mi vesto di nero per attirare il sole" ci si muove su quei rigogliosi terreni fertili ancora ampiamente produttivi dopo l'exploit di inizio millennio che ha visto band come i dimenticati Grandi Animali Marini raccogliere molto meno di quanto seminato. L'Eco98 si espande, cattura e ingloba in sé nuove onde sonore. A Volte Non So Dove Vado è scheggia (pop) punk; in Apri La Porta il disagio psichico espresso ha le fattezze dell'Alberto Camerini elettronico di inizio anni Ottanta, ma a braccetto col già citato Ferretti; l'epilettica Non So Se è un altro up tempo declamatorio mentre Alessandro Denti ricama di synth e piccoli assoli chitarristici manie e compulsioni varie. Spazio pure per momenti più dolci, ma sempre inquieti: Nanana e Più Che Di Che, con il loro finale in crescendo hanno un effetto tonificante, lo stesso, prevalentemente strumentale e sonico, prodotto dalla circolare Mantra. In chiusura ficcanti melodie per il drumming accellerato di Funziona e le pulsioni pop rock de Più O Meno Milanese. Un buon biglietto da visita dunque, perfezionabile nel caso ci si voglia affrancare dalla storia per scriverne una personale, nuova e a suo modo unica; già così una ventata di aria fresca.

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