giovedì 13 novembre 2014

PAREIDOLIA

PAREIDOLIA
Marina Rei
- Perenne - 2014

Per capire l'attuale percorso discografico di Marina Restuccia bisogna avere la pazienza di tornare indietro nel tempo di qualche anno quando, a fronte dei ripetuti riconoscimenti avuti con l'exploit discografico Primavera, si è fatta sempre più impellente per la cantautrice romana la  necessità di abbandonare gradatamente il patinato mondo sanremese e, più ancora, un certo tipo di carrozzone mediatico. Con una urgenza e una consapevolezza sviluppatesi in maniera lenta, ma incontrovertibile infatti Marina Rei si accorge presto che il successo fondato su un paio di hit, raggiunto senza troppa fatica e portato avanti in un secondo tempo quasi per inerzia non fa per lei. Non è nella sua indole, non fa parte del suo bagaglio culturale né famigliare. Insofferente e determinata, con carattere e metodo, eccola dunque nei primi anni del nuovo millennio studiare nuovi tracciati e percorrere strade alternative al business costruito nelle stanze dei bottoni prima ancora che nelle note di una chitarra o di una melodia senza tempo. Dopo una falsa partenza utile comunque per prendere le misure al nuovo corso, Marina decide di fare davvero sul serio e di mettersi in proprio, un po' per questa impellente necessità artistica, un po' per motivi più prettamente terreni e contingenti. Così facendo la canzone italiana restituisce al mondo della musica tutto un'artista in grado di sorprendere per una libertà espressiva sempre più matura e la mancanza di confini sonori che, appuntamento dopo appuntamento, spingono il limite un po' più in là. PAREIDOLIA è il quarto album di questa ritrovata indipendenza discografica, il secondo per la piccola etichetta Perenne dopo il raffinato rock chiaroscurale del precedente LA CONSEGUENZA NATURALE DELL'ERRORE. Se allora una pletora di inattesi ospiti (su tutti un convincente Pierpaolo Capovilla protagonista nel sofferto singolo E Mi Parli Di Te, ma anche il premio Oscar Ennio Morricone nella rivisitazione orchestrale della sinigalliana Che Male C'è) aveva arricchito la proposta della cantautrice romana prima ancora che incuriosito l'ascoltatore, oggi c'è forse meno varietà per quanto concerne i nomi di richiamo, ma sicuramente anche una maggiore omogeneità di risultato e, di conseguenza, una inferiore dispersione tematica. In cabina di regia troviamo innanzitutto Giulio Ragno Favero - che darà una grossa mano anche in sala di incisione occupandosi della (quasi) totalità di chitarre, bassi e synth - arruolato con entusiasmo e cocciutaggine nonché condivisore di un progetto in cui l'attenzione è focalizzata in ultima analisi su uno storytelling che non guarda in superficialità lo scorrere della vita, ma che lo approfondisce con passione e istintività. In secondo luogo, quella riconoscibilissima vena malinconica divenuta quasi una cifra stilistica della Rei è declinata attraverso taglienti sfaccettature che portano non ad un pericoloso ripiegamento passivo, ma molto più dinamicamente alla riflessione attiva. Profonda, sincera e aperta alla speranza. È la capacità di dare emozioni in cui credere senza necessariamente fornire strumenti per capire ad emergere con prepotenza tanto tra le note serrate di Sole quanto in quelle della sontuosa ed emozionante Del Tempo Perso, il must del cd, passando per il rap della title track. Una evoluzione costante, non ancora esaurita, specchio per idee chiare e multiformi. Del resto l'eterea chiosa finale affidata ad una delle canzoni più belle di sempre come Annarella è lì a testimoniarlo con forza e determinazione.

Nessun commento:

Posta un commento