giovedì 21 aprile 2011

20-04-2011
- PINEDA + ALESSANDRO GRAZIAN live @ Magnolia -
Segrate (MI)

Per una volta non saranno gli headliner della serata, nella fattispecie gli Amor Fou in una delle ultime date di supporto al loro fortunato I MORALISTI, a presenziare nel live report qui di seguito. Capita raramente che le band di supporto garantiscano qualità e compattezza a chi è in attesa dell'artista principale, ma quando questo avviene c'è solo l'imbarazzo della scelta e la sensazione che anche in Italia molto si muova e sia in costante evoluzione anche in questo scorcio di inizio Millennio.

Sono da poco passate le 22:00 quando, chitarra acustica alla mano, sale sul piccolo palco Frog del Magnolia l'eccellente Alessandro Grazian, classe '77, cantautore, pittore, compositore, da Padova, due album e due ep all'attivo più una indiscriminata serie di collaborazioni in veste di musicista. Il pubblico, data l'ora, come solitamente accade in queste giornate infrasettimanali, è sparuto, ma attento e compostamente lì per lui. Per l'occasione, dato anche il minutaggio risicato, la scaletta pesca a piene mani dai suoi ultimi lavori, INDOSSAI e L'ABITO, pur regalando anche bel un paio di inediti, indice di come la carriera del giovane musicista non sia giunta al termine a differenza di quanto recentemente paventato su alcuni social network, ma solamente in una fase di apparente stand by, in attesa di far sbocciare nuovi frutti. Accompagnato dalla batteria di Mattia Boscolo e dal violoncello di Giambattista Tornielli, prezioso collaboratore anche in sala di incisione, Grazian esordisce, bello carico, con una accattivante Solo Lei i cui bagliori cantautorali Sixties sono velati da una carica rock che contraddistingue pure l'inedito di turno pochi istanti dopo.
 
Ancora privo di titolo, il pezzo si muove su quelle coordinate bucolico-elegiache tanto care a Grazian, ma contaminate appunto da un tiro più aggressivo sottolineato dalla lancinante domanda che il cantautore pare rivolgere non solo a se stesso, ma pure a tutta una generazione intera di colleghi privi di mecenati: "che sarà di me?". Evitando come sempre di cadere in un manierismo fine a se stesso ecco L'Ago in cui è Tornielli a ricamare le trame più profonde e a donare un gusto classico assecondato dalle percussioni di Boscolo. L'attacco di Indossai è inconfondibile e il binomio Grazian-Tornielli regge in solitaria una fra le migliori composizioni dell'autore veneto, qui accompagnatosi alla Jazzmaster. Tornato all'acustica e avvolto da una pastorale luce verde, Alessandro con Diteci Che Siamo Sani ci conduce in un sogno consolatorio sorretto da quelle illusioni che spesso l'uomo utilizza per procedere nel proprio percorso umano e che abbandona quando rabbia e razionalità bussano alla porta. Altra canzone nuova: Soltanto Io ragiona sul destino passato e quello futuro dell'essere umano, sempre con gusto classico inframezzato tuttavia da soluzioni a loro modo noir che ne arricchiscono il mood.

La presentazione dei due strumentisti che hanno accompagnato l'esibizione di Grazian è il preambolo al gran finale affidato ad Incensatevi, magniloquente e vorticosa invettiva con il trio sul palco intento ad esprimere liberamente le proprie doti musicali grazie ad un affiatamento cresciuto senza soluzione di continuità, pezzo dopo pezzo.

Non si fa quasi in tempo a raccogliere le idee e ragionare sulla performance appena conclusa che è già tempo di raggiungere lo stage su cui si esibiranno i Pineda. Il nuovo e fresco progetto di musica strumentale vede tra le proprie fila un altro trio questa volta composto da Marco Marzo Maracas alla chitarra elettrica, Floriano Bocchino al piano Rhodes e il "fu Moltheni" Umberto Giardini alla batteria, già nel recente passato accompagnato nei suoi live dagli altri due compagni d'avventura.
 
Certo, la curiosità è tanta per la prova live di questo interessante combo rock di cui ancora poco si parla sui canali ufficiali e di cui anche meno si sa altrove; il ritorno on stage di Umberto è poi motivo ulteriore di richiamo per i tanti appassionati perciò è proprio un nutrito gruppo di curiosi quello che prende posizione nel parterre venendo lentamente investito ed affascinato dall'ipnotico incedere prog fusion del magma sonoro in cui i tre si concentrano per una abbondante mezz'ora.
Lì per lì non ci vengono forniti appigli legati ai titoli né tantomeno alla scaletta. Il fluire della musica è tuttavia estremamente omogeneo per quanto variegato negli umori, negli accenti più contenuti e nei momenti più free. Mente del progetto pare essere il buon Maracas, statuario al centro del palco,  che trova in Giardini il degno supporto ritmico mentre a Bocchino sono appannaggio tutti gli esperimenti di contrappunto e ricamo sonoro.

Contiamo cinque-sei stacchi che andiamo ad ipotizzare possano corrispondere ad altrettanti brani anche se, per la verità, i cambi di tempo che spesso la chitarra impone paiono ulteriormente frammentarli e, al contempo, compatterli in una unica suite dalle molte sfaccettature. Quando compaiono le prime news relative al futuro album d'esordio la scaletta della serata è così ricomposta. L'apertura viene affidata a Give Me Some Well-Dressed Reason, ritmato e robusto esempio di onirico prog rock con una batteria compatta, sicura e decisa, tesa a garantire una corposa e primitiva base su cui la chitarra ha l'opportunità di innestarsi e sbizzarrirsi tra riff e slide. Il suono nervoso della Les Paul, che sostituisce la precedente SG, la fa da padrone nella successiva Human Behaviour, crescente space rock ancorato alla possanza di grancassa e piatti, strumenti imprescindibili al pari delle sognanti atmosfere provenienti dal piano della funkeggiante Touch Me, continuo stomp & go su cui ci scappa il piedino a tenere il tempo.

I successivi minuti sono i più psichedelici e lisergici della serata: composizione che non troverà spazio sull'omonimo lp di debutto, il post rock lento e composito, dalle sinuose movenze ora proposto, si segnala per il bell'assolo di Marzo che conferisce ulteriore imprevedibilità. La chiusura arriva con una dilatata versione di Twelve Universes non prima che vengano pronunciate le prime parole della serata da parte del chitarrista, estemporaneo frontman nelle vesti di presentatore della band e del suo fonico di fiducia Antonio Cooper Cupertino. Esperienza notevole dunque, anche quella appena conclusasi tra l'attenzione di un pubblico cresciuto col passare dei minuti nonostante la non facile immediatezza della proposta ascoltata, ma assai ricettivo ed entusiasta.

Il cambio palco, ultimo della serata, offrirà ancora tanta carne al fuoco con una prova maiuscola di Alessandro Raina e soci decisi a non sfigurare di fronte alle due esperienze musicale vissute quest'oggi e che è riduttivo definire di semplice supporto. Due universi sonori lontani, ma paralleli fra loro, uniti da un sottile filo rosso che si propaga alle orecchie di chi la Musica la vive sul campo, alla ricerca di altro; possibili mondi ricchi di classe e arte. Decidete voi chi sarà il re.

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