mercoledì 8 giugno 2011

PINEDA

PINEDA
Pineda
- DeAmbula Records - 2011

In copertina nubi all'orizzonte. Nubi in continuo movimento. Instabili, minacciose. Foriere di pioggia? Può darsi. Eppure non sempre è un male in questi casi. La terra necessita acqua; per far germogliare, per contribuire alla vita. Così l'evaporazione del progetto Moltheni ha portato in dote un frutto nuovo, sintesi del lavoro operato nei mesi passati attraverso, continuando con la metafora agreste, la condensazione di tre elementi ben noti: Umberto Giardini, Marco Marzo Caracas e Floriano Bocchino. Il flusso della loro opera prima è tutto strumentale. 36 minuti abbondanti che solo per scelta non si sono duplicati o triplicati, ma sappiamo che all'occorrenza tutto potrebbe accadere. Calcolo e improvvisazione sono termini solo apparentemente in antitesi per brani come Give Me Some Well-Dressed Reason, cavalcata progressive ritmata tanto dalle tastiere di Bocchino quanto dalle chitarre del buon Caracas, mente della formazione, che aprono ad una parentesi più dolce solo verso il finale, oppure per la similare Touch Me. Il calcolo delle partiture, delle note sul pentagramma, ben si sposa infatti con le divagazioni proprie dell'improvvisazione che sappiamo essere parte integrante delle mirate apparizioni live del trio, solo per questioni logistiche accantonate in studio. Altri episodi aperti sono quindi l'ambient di If God Exist, He's In The Deep, quasi un unicum con la successiva Lost In Your Arms While Outside In All The World, It's Raining, di certo più sferragliante seppur sempre misurata, la quale inizialmente consente ai Nostri atmosfere blues su una base rarefatta e psichedelica che piacerebbe tanto ai Blonde Redhead quanto ai Mercury Rev, poi, nel crescendo tumultuoso e incessante, regala maggiore spessore ritmico e un dinamismo che il drumming serrato di Giardini canalizza in maniera semplice ed efficace. Dopo l'iniziale parentesi meditativa e sognante di Domino che tuttavia fa della profondità ritmica il suo credo, regalando nella seconda parte schitarrate hard e improvvisazioni di Rhodes care al giovane Manzarek di doorsiana memoria, ecco materializzarsi il rock ondulatorio di Human Behaviour e il gran space-finale affidato ad una Twelve Universe dal retrogusto jazzato. Registrato dal sempre preciso Antonio "Cooper" Cupertino presso le ormai storiche Officine Meccaniche di Mauro Pagani in quel di Milano, Pineda dimostra come la passione possa smuovere le stantie acque in cui è caduta la discografia nazionale. Vero che i riferimenti sonori da cui prende piede paiono arrivare solamente da Oltreoceano, ma piace appurare tanto su disco (sì, in attesa della futura uscita autunnale su cd, l'album è infatti rintracciabile solo su vinile) quanto on stage come l'unicità dei tre musicisti abbia le radici ben piantate in Italia. Pioverà? Speriamo, così da poterle irrorare dando loro quel nutrimento necessario per svilupparsi anche qui.

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