venerdì 29 luglio 2011

IO?
Marco Notari
- Libellula - 2011

In uscita nel prossimo mese di settembre, il terzo disco di Marco Notari, spalleggiato anche questa volta dai fedelissimi, seppur rinnovati, Madam, è sì un arcobaleno di suoni e umori come ci viene facile pensare osservando già solo la copertina, così ricca di particolari ed effetti personali, ideata e realizzata dal buon Tommaso Cerasuolo, frontman dei Perturbazióne e qui presente pure nelle vesti di special guest all'interno del pregevole singolo Le Stelle Ci Cambiano La Pelle, ma è soprattutto uno specchio dei tempi privati, il tentativo, come avrà modo di affermare lo stesso Notari, di realizzare "un semplice atto d'amore verso le persone a cui voglio bene e le cose a cui tengo di più, destinate a passare come tutto, nel tentativo di fermarle per sempre qui e renderle in qualche modo immortali". Forse è eccessivo parlare di concept album, pur notando come l'esplorazione di questo mondo personale cominci giustappunto con la pacificata distensione tribale di Io?, nel finale convertita in un mantra benevolo e propiziatorio, e termini con la rispettiva coda strumentale di Io? - Reprise. Eppure il fil rouge c'è e unisce l'amato glockenspiel del quadretto alpino-familiare narrato in Dina all'ottima Canzone D'Amore E D'Anarchia, gucciniana solo nel titolo, intensa rivendicazione di vitalità per un mondo vecchio, certamente in crisi, destinato probabilmente a scomparire, eppure diretto discendente di quel XX secolo autorevole e compatto che solo l'evoluzione tecnologica seppe, nel suo ventennio conclusivo, mettere in discussione. Molti i momenti riusciti. Il tragitto imperfetto di Io, Il Mio Corpo E L'Inconscio e i cimiteri dei supermercati in La Terra Senza L'Uomo rivendicano una dimensione pop rock alta, non scontata; Hamsik è una critica aperta ai governanti della Nazione, con un omaggio al miglior Godano di sempre su un tappeto di programmazioni circolare e ipnotico. La sezione ritmica affidata agli storici Roberto Sburlati e Pax Caterisano è il motore pulsante per la fuga in compagnia di Dario Brunori de L'Invasione Degli Ultracorpi mentre Marco ruba la scena con l'interpretazione dell'onirica Apollo 11, un confronto e un omaggio ai Baustelle di AMEN. Mai così a fuoco nei precedenti lavori, Notari viaggia oggi tra pop e cantautorato, abbandona riferimenti musicali in passato forse troppo ingombranti, si sporca con l'elettronica anche per merito dei nuovi acquisti  Bergesio e Cognetti, e regala spunti rock che dal vivo guadagneranno in spessore. Da sempre alla ricerca attraverso i propri testi dell'essenza ultima dell'essere umano e del suo fragile equilibrio, centra l'obiettivo ripiegando su sè stesso e sul mondo passato e presente che lo circonda. Dopo tanto peregrinare ecco  dunque la giusta ricompensa per le proprie fatiche. La costanza è stata premiata; l'impegno pure. 

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lunedì 18 luglio 2011

17-07-2011
- PIET MONDRIAN live @ Campo sportivo Sandro Pertini -
Cornaredo (MI)

C'è curiosità per il duo tos'ano. L'interessante e lodevole MISANTROPICANA è cresciuto in questi mesi, ascolto dopo ascolto, e il tentativo di far combaciare una loro data all'interno di eventi musicali che con la bella stagione si moltiplicano a vista d'occhio si concretizza in una delle serate che scandiscono la festa dell'Unità tenuta a Cornaredo, cittadina poco fuori Milano. Abbiamo già visionato in passato la location e avevamo notato un buon palco su cui Michele Baldini e Caterina Polidori avrebbero potuto stare a proprio agio. Arrivati a ridosso dello spettacolo ci accorgiamo di come in realtà il palco principale sia abbondantemente spoglio, privo di strumentazione e disadorno. Tutto buio. Accanto, un piccolo chiosco illuminato alla bell'e meglio, una batteria, un paio di synth, una chitarra. Ok, suonano qua: trovati. Sguardo panoramico e incrociamo la figura alta e magra di Michele. Di Caterina neanche l'ombra. Strano. Ci presentiamo, parliamo qualche istante del cd e veniamo a conoscenza di una news che a suo modo è una piccola bomba: il duo s'è sciolto! Ma non c'è nulla da temere; dopo alcuni giorni di inevitabile smarrimento, il progetto Piet Mondrian non lascia, neanche raddoppia, ma semplicemente allarga l'organico a tre elementi e va avanti.

Accanto a Michele infatti trovano ora spazio da qualche settimana le tastiere e la voce di Francesca Storai, unitamente alla batteria di Valeria Votta. I concerti di questo periodo diventano così occasione per sviluppare direttamente sul campo il nuovo corso, nel tentativo di compattarlo on stage attraverso la ricerca dell'amalgama che verrà sempre più naturale nel corso dei prossimi mesi.
Un rapido cenno d'intesa tra Michele e Francesca e le distorsioni acide che accompagnano il nuovo elettronicissimo singolo Carne Carne Carne Carne, tratto dall'omonimo ep messo in circolazione da qualche mese, si propagano sinuose, catalizzando abbastanza rapidamente l'attenzione di tutti coloro presenti nei paraggi dello stand. Solo su Ho Votato Lega entra in scena anche Valeria dopo che fino a quel momento la sua presenza si era limitata a presiedere sì alla batteria, ma, elmetto militare in testa, dando le spalle al pubblico, quasi a simboleggiare visivamente la caparbietà e l'ostinazione di tutto il gruppo a non cedere, guanto di sfida lanciato alle recenti avversità. Il sound è scarno ed efficace segno di come la lezione dei Ramones sia stata imparata anche nel riff di chitarra; le tastiere ingentiliscono, ma le parole sono taglienti seppur addomesticate da ironia e sarcasmo. L'autogestita corazzata toscana (non gli è stato messo a disposizione nemmeno un fonico) si inceppa sull'intro di Lascia Perdere, ma riparte incantando con uno dei momenti migliori della sua giovane carriera: le due voci, melodiosa quella di Francesca, baritonale quella del buon Baldini, si rincorrono come da cd mentre gli interventi di concertina, la mini fisarmonica usata per l'occasione da Valeria, catapultano in un passato prossimo di sospensione sonora. Applausi.

Un estratto dal film Casablanca è il preludio alla pseudo-baustelliana
Humphrey Bogart cui fa seguito quello che dal titolo parrebbe addirittura essere uno dei tanti sonetti del corregionale Cecco Angioleri, Credo Che Per Natura L'Uom Sia Così, con l'avvertenza che la chitarra "va un pò più piano perché ho paura del tunnel carpale. Scusate, s'invecchia". Grandi! L'umorismo condito da un vago senso di timidezza comunicato a parole da Michele, ma ravvisabile anche nelle sue due compagne di palco, è un mix comunque sempre vincente che a tutta prima lascia forse un pò perplessi, spiazzati, ma che in ultima analisi, se si ha la pazienza di approfondire ciò che si ascolta, incanta e affascina. Ancora MISANTROPICANA con la compassate ("sempre per i problemi di cui sopra, del tunnel carpale, facciamo un pezzo più acustico") Un Corpo e La Situazione in cui i vocalizzi della Storai non fanno rimpiangere la Polidori. Uno dei pezzi nuovi è la fiammeggiante scarica rock blues di Bella Scoperta che scuote così l'aria prima di aprire uno squarcio nelle relazioni umane dell'altrettanto diretta Una Notte Al Casino. Arrivano i pezzi da novanta. Ma l'imprevisto è dietro l'angolo e il trio si perde sull'apertura di Report 1 che, tuttavia, al secondo tentativo si mette egregiamente in moto benché Michele tenti di raggiungere note alte a lui forse non troppo congeniali. La campionatura di theremin affidata al laptop di Francesca copre qualche sbavatura, così come diventa essenziale il suo assolo di diamonica nella parte centrale. Brano importante è la storica Vecchia Scuola, irruente come i The White Stripes, accomodante come i Black Sabbath degli esordi. In dirittura d'arrivo ecco l'attesa Apocalippo, brano imprescindibile anche per gli anni a venire che consente al suo autore le ultime schitarrate della serata. Sì perché il live finisce qui. Ora. Zero bis. Tanta emozione. Molto cuore. Qualche ombra. Nel mezzo del cammin della sua vita Pieter Mondriaan illuminò il suo percorso artistico in maniera definitiva. I Piet Mondrian sono sulla strada giusta: l'inferno è alle spalle, PURGATORIO all'orizzonte. La purificazione sarà completa.

Andrea Barbaglia '11

si ringraziano per le foto pubblicate Michele Baldini e l'autore Rudy Vaiani

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giovedì 14 luglio 2011


CESARE MALFATTI
Cesare Malfatti
- Adesiva Discografica - 2011

È impensabile che Cesare Malfatti resti troppo a lungo con le mani in mano. A quanti si chiedevano che cosa avrebbe fatto dopo il termine della brillante avventura targata La Crus, sancito addirittura in diretta tv sul palco dell'Ariston accompagnando one-week-only l'ormai ex sodale Mauro Ermanno Giovanardi, questa che abbiamo tra le mani è la risposta migliore che poteva dare. Cd in edizione numerata, con un prezioso packaging realizzato, cucito e confezionato direttamente dalle mani del suo autore ed espressamente intestato all'acquirente che ne farà richiesta al seguente indirizzo di posta elettronica cesare.malfatti@gmail.com, il primo lavoro realmente solista dell'Artista milanese dopo gli anche recenti trascorsi con nOOrda, The Dining Rooms, Amor Fou e Sem'bro, si avvale, limitatamente ai testi, di una figura storica della sua carriera, vale a dire il ben noto Alessandro Cremonesi. E per dar voce ai pensieri del La Crus più umbratile e misterioso al grande pubblico, questa volta scende in campo proprio il suo chitarrista di fiducia che, sfruttando i suoi naturali toni morbidi e confidenziali, riesce nell'intento di proporre un lavoro suadente dalla prima all'ultima canzone. Si parte con il decalogo di Posso Fare A Meno, sognante opener che rivela un caldo abbraccio finale accompagnato dai vocalizzi di Stefania Giarlotta, unica ospite presente nel cd; trova quindi spazio quello che possiamo considerare il primo singolo dell'album, vale a dire la delicata, ma briosa Sembra Quasi Felicità che tra chitarra elettrica, acustica, basso, xilofono, charleston, piano elettrico e grancassa, tutti rigorosamente suonati da Cesare, si permette un'intro di balalaika assolutamente funzionale all'economia del brano, tanto quanto lo sono le inserzioni di mandolino e autoharp che si incontrano più avanti. C'è un senso di artigianalità e appartenenza ad un mondo fatto di piccole, ma decisive cose che pervade il tutto, quasi che il duo Cremonesi-Malfatti vada a rievocare l'essenza del miglior Pascoli, musicata però dal Nick Drake più intimo e introverso. Proprio la familiarità di certi luoghi e persone torna prepotentemente nella quotidianità de Il Bilancio; i toni più accesi, ma pur sempre stemperati dalle tonalità educate della voce in Andate Via fanno il paio con l'amorevole appello sospeso nel traffico e nel caos metropolitano di Fermati Milano. Mi Hanno Detto Che... parte piano, si accende rigorosa, sfuma elegante. Ma Perché, andando ad attingere nelle forme dal canzoniere dello sfortunato Drake, diventa in sostanza un significativo omaggio alla classe del folk singer inglese, con verità forse neanche tanto nascoste riguardanti gli immediati istanti post 2008. Qualche istantanea dal proprio passato anche nell'incantevole La Notte Bagna, forse il più lacrusiano e cantautorale tra gli undici tasselli di questo mosaico in musica. Una costante disillusione e la ricerca di significato sulle sfaccettature del mondo partendo dal proprio io viene indagata tanto in Senza Te quanto in Quello Che Abbiamo, nuove storie di amore e di privazione in favore di un senso ultimo a cui ancorarsi. In chiusura Soltanto Tu, col suo incedere charangato, lascia aperta un'ultima domanda: la separazione consensuale dei La Crus ha giovato alle parti in causa? Noi abbiamo deciso di farci incantare, quando possibile, tanto dall'una quanto dall'altra; solo, incrociamo le dita affinché anche il grande pubblico non si limiti a buttare occhio e orecchio esclusivamente sugli scaffali dei centri commerciali. Un suggerimento: andate sul sito di uno tra i più diffusi siti web di video sharing, cercate la pagina di Malfatti e lasciatevi accarezzare dalla dedizione di questo piccolo grande uomo per il suo lavoro.

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domenica 10 luglio 2011

09-07-2011
- CESARE MALFATTI live @ Arena Civica -
Milano (MI)

Abbiamo scoperto solo nelle scorse settimane che il sempre prolifico Malfatti si è tuffato a capofitto nell'avventura solista tout court da qualche mese, affidandosi all'amico Alessandro Cremonesi per quanto riguarda la stesura dei testi, ma occupandosi interamente di suoni, atmosfere e  strumentazioni utilizzate per realizzare il suo esordio su Adesiva Discografica. Il cd stesso che è uscito difatti a suo nome e che vede la coproduzione di Paolo Iafelice è un bell'esempio di musica artigianale realizzata in totale libertà, senza vincoli di alcun tipo se non quelli riguardanti la propria sensibilità e il proprio percorso artistico che nulla ha da invidiare a chicchessia. Essere sotto le luci accecanti delle major e della grossa distribuzione è da sempre arma a doppio taglio. Rispetto all'amico Mauro Ermanno Giovanardi, invaghitosi dell'interessante offerta della EMI, Cesare preferisce una posizione come sempre più defilata, ancora obliqua, a suo modo epicurea, che gli consenta di muoversi, novello polistrumentista meneghino, secondo i suoi ritmi, tra i mille strumenti musicali a sua completa disposizione e le parole cucitegli addosso, sull'abito migliore, dal già citato Cremonesi.

Certo, un pensiero corre veloce alle modalità che dovranno in un secondo tempo essere scelte per portare on stage brani suadenti e raccolti come Posso Fare A Meno e Ma Perché, battezzando i piccoli locali qua e là rimasti nella Penisola come location ideali per carpirne toni e sfumature. Sorprende dunque un pò vederlo sul grande palco degli Afterhours, amici di vecchio corso, impegnati in un tour estivo che spezzi le fatiche in studio tese alla realizzazione del nuovo attesissimo album, e oggi di scena al Milano Jazzin' Festival. Ad aprire la serata è comunque un terzo musicista, tale Claudio Domestico alias Gnut, amico di Rodrigo D'Erasmo e da lui accompagnato al violino per una esibizione essenziale, ma abbastanza anonima, che scivola comunque rapida a ridosso delle 20:00. A questo punto mentre D'Erasmo resta al suo posto, sale sul palco, munito di leggio e, secondo alcuni, di "breviario", l'ex La Crus, accompagnandosi con una Gibson semiacustica per una versione intima de Il Bilancio in cui le atmosfere delicate, sottolineate dal tono sempre educato di Malfatti, assumono qua una decisa sfumatura folk, resa meno evidente nella ben più ricca registrazione analogica. Purtroppo il chiacchiericcio vagamente diffuso nel parterre disturba assai.

Non mancano gli applausi, ma in alcuni casi paiono dettati più dal rispetto per l'Artista che per l'effettiva attenzione allo stesso. Tant'è. Arrivano due rinforzi. E che rinforzi!?! Giorgio Prette si accomoda alla batteria; Roberto Dell'Era recupera il suo basso e l'inedito quartetto si concede una scoppiettante versione di Andate Via che permette di catturare maggiore attenzione da parte del pubblico liberando il violino di D'Erasmo in una gradita svisata psichedelica. Solo a questo punto viene svelato l'arcano mistero del "breviario": trattasi semplicemente dell'originale packaging manufatto adottato per custodire il suo nuovo parto musicale e fissato al leggio per maggiore comodità, data l'inaspettata brezza che spira sul palco e sull'Arena Civica. L'invito all'acquisto è un piccolo suggerimento che ci sentiamo di accogliere e appoggiare; qualcuno annota l'indirizzo e-mail per contattare il chitarrista e ricevere anche solo informazioni in proposito. Sembra Quasi Felicità, avvolgente e calda come un abbraccio, vede i cori di Dell'Era supportare l'ormai riconoscibilissima voce di Cesare, offrendogli un terzo ottimo biglietto da visita per quanti volessero accostarsi al suo nuovo percorso musicale, tra la paura del futuro e la bellezza dell'hic et nunc.

È l'ukulele a farla da padrone nell'incipit della successiva Soltanto Tu, quarto e ultimo brano di questo brillante showcase; la sezione ritmica interviene poco dopo mentre D'Erasmo, premio Oscar come attore non protagonista di tutta la giornata, sembra davvero a suo agio in questa dimensione cantautorale, ben più di quanto di lì a poco gli toccherà suonando su quello stesso palco con Manuel Agnelli e soci. I suoni escono puliti, distinti, almeno tra le prime file, amalgamandosi in maniera comunque naturale, considerando anche il fatto di come i quattro siano solo alla loro seconda e, per qualche tempo, ultima uscita come ensemble (Malfatti ruota i musicisti che l'accompagnano dal vivo in base alle evenienze delle serate sue e dei suoi compagni). Sicuramente lo spazio dell'Arena Gianni Brera non è, come si ipotizzava all'inizio, il luogo più indicato per questo folk-cantautorale, meditativo e ragionato, a suo modo "da camera", e l'obiettivo può essere ulteriormente messo a fuoco; questo perché il potenziale è alto. Tappe più raccolte che man mano, siamo sicuri, verranno annotate sull'agenda di Malfatti, non potranno che far bene al suo progetto. Non andate via dunque: mi hanno detto che potrebbe essere quasi felicità.

Andrea Barbaglia '11

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domenica 3 luglio 2011

01-07-2011
- PERTURBAZIÓNE live @ Pista d'atletica -
Oleggio (NO)

Da sempre autori di live trascinanti Tommaso Cerasuolo e compagni sfidano il rischio pioggia che ha colpito il nord Italia, esibendosi nel variegato cartellone del Free Tribe Festival, kermesse organizzata nel Novarese a partire dal 2004 e che, giunta al settimo anno di attività e alla sua ottava edizione, ha visto succedersi sul proprio palco nomi prestigiosi quali sono, tra gli altri, Il Teatro Degli Orrori, Ritmo Tribale, Linea 77, Rezophonic, Tre Allegri Ragazzi Morti, Ministri e, giusto 24 ore fa, gli altrettanto storici Casino Royale. Raggiungiamo la pista d'atletica presso cui si svolgono i concerti quando sul palco sta esibendosi CarloZeta, alias Carlo Zanetta, già volto noto da queste parti per i suoi trascorsi negli autoctoni Fratelli Rigoni i quali, per la band di Rivoli, furono in passate occasioni apprezzata opening band. La partecipazione al Free Tribe diventa così ghiotta opportunità di presentare l'album MATERIALI DA RISULTA, esordio di Carlo prodotto, guarda caso, dai perturbati Gigi Giancursi e Cristiano Lo Mele presso il loro studio di Collegno, davanti ad un folto pubblico che si appresta di lì a poco a godersi un'ottima ora e mezza proposta dall'imminente sestetto piemontese. Sulle note di Mondo Tempesta si apre così la serata dei Perturbazióne con le graditissime quanto semplici istruzioni per l'uso, tra armonie pop e accattivanti melodie dalle quali emerge la sempre più decisiva figura di Elena Diana, indispensabile, col suo tocco di gran classe, al violoncello.

È già ora di saltellare, sfogarsi e ballare con la contagiosa felicità de
Il Senso Della Vite, al solito estremamente travolgente anche per chi si accosta per la prima volta alla loro musica, regalando sorrisi e ricevendo fischi di approvazione. Sono cresciuti i Perturbazióne. Te ne rendi conto tanto nei momenti più ludici quanto in quelli più intimi e riflessivi. On/Off è uno di questi. Hanno padronanza to-ta-le dei loro mezzi. Non che in passato si sia mai assistito a live approssimativi, ma la componente naif, se da un lato quasi trasformava le loro performance in gradite feste private simili nello spirito a quelle organizzate ai tempi del liceo, dall'altro li penalizzava a livello di impatto visivo e sonoro. Ora non è più così. E già da qualche anno. Non c'entrano le "visite" alle major, i cambi di formazione, presentata fra l'altro proprio al termine del primo brano estrapolato da FORTISSIMO PIANISSIMO,  o chissà cos'altro. È semplicemente la maturità. Tommaso ha in mano la situazione quasi fosse uno scafato Michael Stipe italiano, molto meno timido nel suo interagire col pubblico rispetto agli anni della formazione.

Gigi e Cristiano sono le sue perfette spalle musicali, quella di destra e quella di sinistra. Il corpo con cui muoversi nel mondo è poi costituito tanto dall'altro fondatore della band, Rossano Lo Mele, alla batteria, quanto
dalla new entry Alex Baracco al basso, il tutto elegantemente proposto con ottimo gusto dai preziosismi della già citata Elena. Se l'amore è un gioco tu che regole ti dai? Battiti Per Minuto, a suo tempo selezionata addirittura da Pippo Baudo per il Festival di Sanremo e scartata successivamente dalla giuria, si interroga su questo pensiero ipotetico della realtà a suon di chitarre folk e ritmi sudamericani mentre il violoncello imperversa con misurata eleganza accompagnato dal basso iperfunk del finale. Incantevole la poesia raccolta di Primo. "Ci hanno detto che al secondo giorno di Free Tribe di solito piove; col nome che portiamo possiamo considerarci fortunati, adesso lo posso dire..." Con Agosto vediamo materializzarsi in concreto lo scambio di energia tra palco e parterre. La forza poetica sprigionata dalla band attraverso uno dei suoi classici più celebrati colpisce il pubblico che, ricevutola, la rimanda a sua volta on stage in uno scambio sinergico davvero raro di questi tempi. Di lì a poco l'altrettanto delicata Leggere Parole funge da preambolo per la più scatenata Mi Piacerebbe, con tanto di canto a cappella nel finale ad libitum. E mentre siamo ancora intenti a smettere di cantare e a smettere di pensare, a smettere di cantare e a smettere di pensare, a smettere di... La Fuga Dei Cervelli ci colpisce con la sua neanche tanto velata critica sociale.

Questo è un altro punto del nuovo corso del sestetto piemontese. Dinamiche famigliari, problemi quotidiani, difficoltà oggettive del sentire comune analizzate con taglio critico affioravano già in maniera convincente tra i solchi dell'
ottimo DEL NOSTRO TEMPO RUBATO; live acquistano anche maggiore incisività. I messaggi sociali sono diretti, privi di giri di parole. Vanno al sodo e centrano il bersaglio come mai prima d'ora. Non si pensi di trovarsi tutto ad un tratto di fronte ad un  band di combat folk; per quello ci sono eventualmente già altre formazioni che fanno bene il loro mestiere. Qua c'è il filtro della malinconia a dare un tono più aulico, intimo, quasi letterario. Tifiamo rivolta scandiva Giovanni Lindo Ferretti nel disagio esistenziale del secolo scorso di Trafitto. Cum grano salis, paiono ribattere i Perturbazióne. E nuovamente torna quella sinergia, quel connubio unico tra Artista e pubblico nella splendida Del Nostro Tempo Rubato con la certezza che la canzone sia un omaggio "per tutto il tempo che saprete voi rendere magico e in qualche modo rubare all'orologio; a volte succede con le canzoni e, devo dire, è una fortuna riuscire a farlo".

In rapida successione ecco altri tre estratti dall'ultima fatica di studio: le vertigini de
L'Elastico, le profondità de Il Palombaro, il reggae perturbato di Promozionale. Tuffo nel passato: Se Mi Scrivi ha l'appeal giusto per osare e regalare qualcosa di più. La fusione con la brillante Charmless Man vede Miss Diana e Mr.Baracco divertirsi ai cori per questo inaspettato quanto riuscito omaggio ai Blur. Mandolino Fender elettrificato per il buon Cerasuolo. Un, due, tre: Buongiorno Buonafortuna riempie l'aria del campo sportivo dei profumi dell'estate mentre Giancursi non fa rimpiangere la mancanza dell'amico Dente nel suo intervento vocale. Dopo poco più di un'ora arrivano dunque i primi saluti e ringraziamenti per l'attenta accoglienza in quel di Oleggio. Sono Nel Mio Scrigno e la toccante Giugno, Dov'Eri a chiudere le danze della prima parte del live con un Tommaso equilibrista sulla coda strumentale che esalta la chitarra di Cristiano e il tappeto di tastiere di Elena. I bis non si fanno attendere. Come In Basso Così In Alto e la cover dei Belle & Sebastian Get Me Out Of Here, I'm Dying riadattata filologicamente in Portami Via Di Qua Sto Male sono gli ultimi guizzi di poesia prima del gran finale. "Volevamo salutarvi con una canzone. Si chiama semplicemente Esemplare.. Ragiona sul fatto che è molto comodo usare le statistiche di sociologia quando vogliamo dar valore ai nostri discorsi, ma difficilmente ci sentiamo felici quando la sociologia si misura sulla nostra pelle". E così, al termine dell'ultimo brano in scaletta,  i Nostri salutano e abbandonano il palco, in punta di piedi ancora una volta, esattamente come erano comparsi. Mondo Tempesta, che concerto!?!

Andrea Barbaglia '11

mercoledì 29 giugno 2011

DINAMISMI PLASTICI
Freak Antoni Band
- Le Arti Malandrine - 2011

"Il governo ha ragione a non darti mai niente": così esordisce, dopo una intro color porpora profondo, il supercombo che si cela dietro il ben noto volto di Roberto "Freak" Antoni stampato in copertina. E vista la caratura dei protagonisti Il governo/La mia banca è indifferente si permette di coniugare hard rock, omaggi a Jimmy Page, psichedelia e humor quasi mai fine a sé stesso, in una miscela davvero esplosiva. Se l'indiscusso leader degli Skiantos risulta essere voce principale e autore pressoché unico dei testi, un plauso deve essere tributato pure a colei che, occupandosi della produzione artistica, ha scritto musiche e dato l'input al tutto. La signorina in questione risponde al nome di Alessandra Mostacci, "Mostachova" per i compagni di note, pianista classica diplomata al Conservatorio G.B.Martini di Bologna e a quello Europeo di Parigi, perfetta metà artistica sul palco per qualunque componente della band. Band che, dicevamo, rivela tra le sue fila due altezze reali delle sei corde come Max Cottafavi e le roi Ricky Portera, finalmente liberi di dare sfogo alle loro passioni più robuste al servizio di un progetto a suo modo unico, in cui è evidente l'intenzione di unire suggestioni classiche e ritmi quasi heavy metal. Esemplare in tal senso è l'accattivante Compagno Dio che si muove lungo questi estremi grazie alle tastiere della Mostacci e ai riff granitici dei due chitarristi mentre Freak declama, con la sua classica verve, versi ironici, non demenziali, a dimostrazione pure di come la F.A.B. sia un progetto altro, parallelo alla band madre e non una sua scialba (e a quel punto inutile) copia. Dedicata al motociclista che c'è in ognuno di noi, Con Un Filo Di Gas è un altro compendio di hard rock con tanto di sgasature chitarristiche ad opera della premiata ditta Cottafavi-Portera, in grado di far cantare  sul serio il motore. Del resto cedere il passo al proprio estro da guitar hero e andar a briglie sciolte diventa ancora più facile se la sezione ritmica su cui poggi è stata precedentemente affidata al basso della rediviva, e sempre affascinante, Elisa Minari e alla batteria da skianto che risponde al nome di Roberto "Granito" Morsiani. Ad ingentilire due momenti d'atmosfera come È Già Ieri e Dove Sei Stato ci pensa la voce della giovanissima Sofia Buconi, già concorrente di X Factor 2010 dicono le cronache e, dico io, per sua fortuna scartata durante il programma, che torna a duettare con Freak nelle sonorità arabeggianti di Shalom Salam contaminate dall'italianissima ocarina di Budrio appannaggio del maestro Fabio "Gallo" Galliani. E come non citare i contributi esterni che qua e là affiorano tra i solchi del cd? A Wolfgang Amadeus "Punk" Mozart si ispira l'operettistica Filastrocca Della Mamma, tra Sex Pistols, Queen e Alberto Camerini, con il concreto supporto canoro di Stefano Banchelli; Vladimir Majakovskij  è fonte per la già citata Compagno Dio, Piero Manzoni dà le coordinate per la neanche tanto surreale parabola heavy de La Merda È Meglio Dell'Arte, mentre da un testo inedito di Pier Vittorio Tondelli prende spunto l'estiva Sciare, spensierata sgambata rock dal forte appeal radiofonico che meriterebbe maggior fortuna su network e web. Chiusura affidata alle ocarine di Allegretto Ma Non Troppo che con le sue trame pianistiche regala la giusta base per le riflessioni di un malinconico Freak Antoni, tra l'amaro e il nero. Ci piace sottolineare come il cd sia dedicato al giornalista e critico musicale Ernesto De Pascale scomparso prematuramente nel febbraio di quest'anno. "Filastrocca della vita / quando godi è già finita".

domenica 26 giugno 2011

25-06-2011
- MASSARONI PIANOFORTI live @ Castello Visconteo -
Pavia (PV)

Giocare in casa. In occasione dei 25 anni di attività di Spazio Musica lo storico locale pavese ha realizzato una corposa quattro giorni di musica ed intrattenimento tesa una volta ancora ad offrire più un luogo di aggregazione sincera e genuina che non un evento di pura e semplice celebrazione, comunque giusta in casi come questo, o, peggio ancora, di triste sfoggio di vacua compiacenza. In cartellone trovano così spazio una schiera di artisti locali legati alla struttura di via Faruffini prima ancora che da ragioni lavorative da profonda amicizia e rispetto, pronti ad omaggiarne i cinque lustri di vita. Ecco dunque, solo per citarne alcuni, Folco Orselli & I Cani Scossi, headliner della prima sera; i già noti e meritevoli Green Like July; l'indie rock dei News For Lulu e la cantautrice Elisabetta Citterio; la gloriosa Treves Blues Band e gli storici Fungus; le note raffinate dei Macadam e il blues dei Rude Mood. In mezzo a tutti loro e a molte altre valide proposte noi andiamo a botta sicura, raggiungendo gli spazi del cortile interno del Castello di Pavia (a settembre vi si esibirà pure Franco Battiato) nel tardo pomeriggio del sabato per un piccolo grande artista: Gianluca Massaroni. Sì, di lui ne abbiamo già parlato in altre due occasioni su queste pagine e in un lasso di tempo relativamente breve, ma ogni esibizione a nome Massaroni Pianoforti è a suo modo un evento davvero unico e sempre nuovo.

Armato quest'oggi di sola chitarra acustica, l'unico cantautonomo neorealista post-moderno che l'Italia possiede sale sul secondo palco del festival in solitaria, ringraziando per l'invito alla manifestazione e decidendo di eseguire come brano di apertura del suo set una non scontata cover di John Lennon, leggenda già omaggiata nella compilation
A DAY IN THE LIFE - JOHN LENNON REVISITED con la toccante Love, vale a dire l'urlo straziante di Mother, tra i più dolorosi ed evocativi episodi solisti mai composti dall'ex Beatles. Un ultimo tiro di sigaretta e fin dalle prime note l'attenzione del pubblico pomeridiano è catturata; sarà la voce sofferta di Gianluca, sarà l'irrealtà del posto che emana storia e cultura, fatto sta che questi primi minuti sono già da brividi. "Va bene, andiamo avanti. Avete delle richieste particolari?", domanda con quel sorriso da simpatica canaglia giusto un istante prima di farsi serio e scegliere risolutamente di eseguire Sali E Tabacchi senza aspettare una risposta che mai sarebbe arrivata.

Come nella migliore delle tradizioni musicali il brano ha il pregio di insinuarsi leggero e diretto in un crescendo sottolineato dal giro di chitarra blues che tanto deve al miglior Ivan Graziani; oltre a tutto questo è giusto sottolineare come anche il tentativo di coinvolgere gli astanti per un improvvisato coro tiene alta l'attenzione anche in coloro che stazionano sulle panche a bersi una birra o a chiacchierare tra un panino e una piadina. Per par condicio ecco Dobbiamo Smettere Di Fumare, il divertissement un pò fine a se stesso che tutto sommato ben si inserisce nel programma odierno, rapido e ironico, e che a sorpresa raccoglie diversi applausi. Preludio a quanto ci aspetta da qui in avanti? Forse sì. La Città Si Sveglierà è infatti nota; i "compaesani" di Massaroni ora partecipano più attivamente canticchiando testo e ritornello, noi ci domandiamo come un simile potenziale non sia ancora esploso e conosciuto a livello nazionale e ci gustiamo la coda strumentale del finale con un afflato grunge à-la Soundgarden suonato dallo spirito di Jeff Buckely. Da segnalare a questo punto l'inedito Lavanderia A Gettoni, anticipazione davvero neorealista del futuro lavoro in studio, di cui già trapela il working title SETTEMBRE, su piccoli gesti di vita quotidiana per far quadrare giorni e vite tanto nell'hinterland pavese quanto nelle metropoli urbane.

Malinconica al punto giusto, pare avere tutti i crismi per diventare uno tra i brani più intensi del cantautore di Voghera, tra echi battistiani e rimandi al primo Vasco Rossi senza alcun tipo di scimmiottamento, ma anzi, con quello stile a suo modo unico che lo contraddistingue, sia nei brani più riflessivi sia in quelli più leggeri. "Avete delle richieste? Che riguardano le mie canzoni. ..Mie! ..MIEEE!" Il sempre più esaltante Massaroni presenta il prossimo come un brano in cui si parla di buone occasioni, ma che col tempo vanno a farsi benedire: È Ancora Giorno trasuda una carica rock importante, anche semplicemente appoggiandosi alla Gibson acustica che Gianluca qui spreme fino all'ultima nota, giusto il tempo di far intuire anche al più distratto ascoltatore come il fuoco sacro della Musica arda vivo sotto la cenere di qualunque rogo. Dopo circa mezz'ora è purtroppo tempo dell'ultima canzone. Nell'aria già si sentiva più di una voce che sussurrava "Carlo, Carlo..." e fa piacere che le stesse siano probabilmente giunte anche sul palco vista la scelta conclusiva di affidarsi proprio a Carlo (Il Passato È Passato).

Dunque, in cosa consista la canzone di cui sopra, ci pensa il suo autore a dare le giuste coordinate ricordando come qualche anno fa, in quel di Pavia, al termine di una serata decisamente alcolica, un ragazzo "leggermente" alticcio avesse palesemente sbagliato citofono di casa svegliando nel cuore della notte un'intera palazzina prima di essere ricondotto sulla retta via. Da questa piccola storia vera Massaroni trae spunto per un quadretto divertente e ben bilanciato da poche note che si sposano perfettamente con la tematica non particolarmente aulica, ma dal terribilmente più concreto taglio urbano. Lo scambio di battute col pubblico fa il resto. I ringraziamenti finali per gli organizzatori e le persone accorse sono le note finali per questi trentacinque minuti di grande musica, in uno scenario inusuale con un piccolo pubblico cresciuto fortunatamente sempre più col passare del tempo e l'approssimarsi della serata. Il disappunto per non aver future occasioni di rivedere Gianluca live nei mesi estivi viene controbilanciato dall'attesa per il nuovo lavoro che sta nascendo in sala di incisione e previsto per l'autunno. Che taglio avrà a noi poco importa: la facilità di scrittura che l'accompagna è sintomo benaugurante per ciò che verrà. Ogni cosa ha il giusto tempo e noi, semplicemente, vedremo di non farci trovare impreparati. Grande MaSSa!!

Andrea Barbaglia '11

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sabato 25 giugno 2011

22-06-2011
- MARLENE KUNTZ live @ Magnolia -
Segrate (MI)

Diciamoci la verità: RICOVERI VIRTUALI E SEXY SOLITUDINI non è piaciuto. Almeno a noi. Destinato forse a scomparire presto nel dimenticatoio della geografia discografica della band cuneese, non tanto per i brani in sé e per sé, né per le sempre indovinate e ricercate liriche ad opera di Cristiano Godano, ma piuttosto per le soluzioni scelte a livello di produzione, piena, arrotondata, pop, aspettiamo il trio Godano-Tesio-Bergia al varco live, occasione che tante soddisfazioni ha dato dal 1989 ad oggi. È da tempo che la volontà di rivederli si scontra con l'impossibilità di farlo e sappiamo di aver perso almeno un paio di tour notevoli, come quello successivo all'uscita dell'allora vituperato UNO, tra i migliori album invece della band, e del quale avremmo saputo sicuramente apprezzare dalla prima all'ultima nota. Sed tempus fugit. Ormai siamo nel 2011, con il nuovo tour estivo alle porte; anzi, in partenza proprio quest'oggi. E noi? Noi siamo con loro. Raggiunte prima fila e transenna con disinvoltura dopo le performance introduttive di Manuel Lieta e degli Encode, attendiamo con vera trepidazione l'entrata in scena della band piemontese mentre accanto ci si posizionano fans, se non della prima, quantomeno della seconda ora, così come nuove leve che domandano informazioni su di loro. Non dobbiamo pazientare molto perché inizino le danze.

Una classica introduzione strumentale, con Godano intento ad armeggiare sulle corde della Stratocaster con una bacchetta della batteria, precede la nuova Oasi, per un'apertura tutto sommato soft, ragionata, ben presto compensata dall'inusuale scelta di affidarsi a Due Sogni, fluttuante e carnale, tratta da quel CHE COSA VEDI di undici anni prima, con Davide Arneodo ad alternarsi tra tastiere e violino, e, qualche minuto dopo alla sempre aggressiva A Fior Di Pelle. Non scopriamo certo questa sera la potente quadratura ritmica di Luca Bergia, piuttosto fa piacere constatare come il buon Lagash, oggi come oggi, sia perfettamente inserito nel sound Marlene, con le sue plettrate tonde libere di amalgamarsi con le rasoiate delle chitarre, mai dome e sempre nervose. Gli applausi continuano anche più fragorosi per la storica Retrattile, tra i must cantati a squarciagola quasi fossimo stati catapultati all'improvviso nel glorioso 1996, e per Cara È La Fine, inconsapevole (?) fonte d'ispirazione, almeno così crediamo, per i giovani Verdena, con la Les Paul di Riccardo Tesio e la Firebird di Godano ad alzare un muro di suono invalicabile.

Le morbide atmosfere di Infinità giungono così al momento giusto per carezzare le orecchie e cullare i più romantici, dolce porto sicuro per capitani allo sbando quando, parafrasando il poeta, il naufragar diventa dolce in questo mare. Un altro approdo, meno accogliente e più effimero, compare comunque di lì a poco: è il moderno Ricovero Virtuale costruito per l'occasione dal quintetto e impreziosito dal gran lavoro di Arneodo che tra violino, per la verità coperto dagli altri strumenti come per gran parte del concerto, cori, mandobird e tastiere non ha un attimo di respiro mentre Godano si rivela protagonista di una prova maiuscola, andando ad irrobustire il brano di apertura dell'ultimo cd con una magistrale interpretazione. La stessa che peraltro scorgiamo per la successiva Paolo Anima Salva, perla cantautorale che si riallaccia all'esperienza di UNO e ci traghetta proprio verso i lidi dell'affascinante Fantasmi, tra i migliori nuovi classici della band. Ora all'acustica, Godano movimenta un brano già di per sé in crescendo, con le percussioni di Arneodo e la batteria di Bergia a scandire il tempo marziale attraverso cui si sviluppa. Pornorima cambia le carte in tavola a 360°, a partire da quell'ironico testo cantato in falsetto, e già metabolizzato su cd, che tuttavia acquista in sede live una carica ben più elettrizzante, a tratti erotica; l'intelligente critica alla superficialità dei farisei dell'indie rock che ostentano senza dignità alcuna la loro vacuità diventa così trampolino di lancio per uno dei classici della band.

Ape Regina avanza come sempre tonante, maestosa e regale, tra immaginarie ali di folla adoranti che ne declamano vizi e virtù, inebriate dal nettare rilasciato dalla creatura richiamata in vita nei quasi 10 minuti che la riguardano, tra distorsioni soniche, pause vibranti e massicci suoni percussivi. Sferraglianti svisate metalliche annunciano invece l'altrettanto attesa Sonica mentre in Notte è il basso di un sempre più accomodante Lagash a farla da padrone, consentendo a tutta prima che il violino di Arneodo non venga nuovamente "mangiato" dagli altri strumenti, e che, in seconda battuta, si dia ampio respiro al dialogo fra le chitarre. Qua ha termine la prima parte del live, dopo un'ora e un quarto di concerto, tra le urla ampiamente diffuse di chi vorrebbe ascoltare già a questo punto della serata Nuotando Nell'Aria. Marlene così torna on stage.  La prima parte de La Canzone Che Scrivo Per Te vede il solo Godano alla voce, armato di acustica e supportato dai cori del pubblico; poco alla volta ecco entrare violino, basso, Tesio e Bergia a dar man forte per quello che oltre ad essere stato un riuscito duetto tra la band e la frontwoman degli Skunk Anansie, la sempre entusiasmante Skin, si conferma emozionante love song senza tempo. A proposito di evergreen ecco Musa: le prime note di piano, anche senza il tocco di Paolo Conte, sono inconfondibili e un pò sorprende che, dopo le dozzinali critiche ai tempi della sua uscita, quanti stasera si trovano sotto il palco la cantino al pari dei successi fino a questo momento già ascoltati.

Rapido cambio di chitarra per Godano e quello che è uno dei pezzi più emozionanti e old school di RICOVERI VIRTUALI E SEXY SOLITUDINI fa capolino anche questa sera: Vivo, con il sempre delicato tema riguardante i pro e i contro dell'accanimento terapeutico, ci rimanda fin dai primi ascolti su cd alla storica One dei Metallica, non certo nelle sonorità, ma per quel filo rosso che unisce due storie tremende, così distanti eppure, in ultima analisi, tanto speculari. Brividi dunque. E a proposito di miserie umane ecco la catartica riflessione sui dolori sentimentali di Uno, confessione di un Amore troppo grande per poter (r)esistere. "Grazie a tutti! Grazie amici! Grazie! Buona serata, grazie!" L'affetto caloroso dei fans viene ripagato dal secondo ritorno sul palco di Marlene che a questo punto spara una doppietta tratta dall'ultimo cd. La denuncia de L'Artista e il moto perpetuo de Io E Me (grande Lagash!) rivelano un'attitudine e suoni rock maledettamente aggressivi che in studio sono stati un pò penalizzati dalla produzione tonda di Howie B; trovare il giusto abito nella dimensione live è tuttavia la migliore delle operazioni che una canzone possa subire, scrollandosi di dosso polvere e plasticità come se si stesse... Nuotando Nell'Aria. Ultimo brano di queste due ore meneghine senza cedimenti, il secondo estratto di CATARTICA è uno dei tanti motivi che cementa una volta ancora l'indissolubile legame tra la band piemontese e i suoi ammiratori, spesso critici, ma sempre pronti a sostenerla macinando chilometri, acquistando cd e affollando concerti. Altri probabilmente detengono l'effimero scettro di numeri uno; ...ma, ma, Marlene è la migliore.

Andrea Barbaglia '11

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mercoledì 22 giugno 2011


SECONDO
Vittorio Cane
- Innabilis - 2008

A volte prendiamo un abbaglio. Fastidioso, inopportuno, accecante. Proprio così ci apparvero gli istanti iniziali dell'esibizione surreale di uno sconosciuto e stralunato Vittorio Cane a cui assistemmo, in apertura al redivivo Edda, una sera d'inverno di qualche anno fa, con un bel -2 fuori all'aperto e una birra ghiacciata in mano. Fortunatamente l'abbaglio di cui sopra dura giusto lo spazio di un secondo per cui, poco dopo, la vista torna lucida e la mente cancella l'attimo di smarrimento. Allo stesso modo accadde quella sera a chi scrive queste righe. I primi minuti di smarrimento lasciarono infatti spazio ad una maggiore concentrazione che permise se non la comprensione totale dei brani proposti, un "retrogusto" dolce, che invogliava ad approfondire quanto i nostri occhi avevano visto e le nostre orecchie udito. Recuperare il cd è stato così d'obbligo. Quello tra le mani è proprio il SECONDO album rilasciato da Vittorio dopo l'esordio omonimo di tre anni prima; come suona? Suona pop; non convenzionale, ma pur sempre pop. Arriva da Torino Vittorio, e con sè porta la lezione di un cantautorato tanto disincantato quanto ironico, ingrigito forse un poco dallo smog sabaudo, eppure brillante e scanzonato che molto deve al migliore Rino Gaetano e al Vasco Rossi prima maniera per mood e passionalità, seppur su toni meno accesi. Il singolo Domenica, con le sue noie quotidiane e l'onnipresente farfisa, è un ottimo esempio di quanto appena detto, condito da una leggerezza di fondo che non guasta mai e che animerà tutto il lavoro. Anche gli episodi più confidenziali come Dipendente che, dopo una intro scratchata, viaggia col suo basso funk sui binari tracciati dal Battisti di fine anni '70 e il Bugo di mezzo non ancora contaminato dal rock e dalla dance, beneficiano infatti di questa apparente indolenza. Ottimo il duetto con Mao (sì, quello della Rivoluzione) in Ci Proverò, ballata estremamente catchy, difficile da disimparare e anzi, già pronta per essere cantata in compagnia su qualche fantomatica spiaggia caraibica o, più realisticamente, nel retro di qualche furgoncino. Le stonature vocali di Cascafaccia e L'Ermetico (quest'ultima omaggio a Luca Carboni? Pare di sì) fanno a tutta prima storcere il naso, e non solo ai puristi del bel canto; ma è ancora una volta questione di luccicanza. Al secondo, terzo ascolto paiono a tal punto perfette che una interpretazione relativamente più pulita come quella offerta nella emozionante Torno Su sarebbe stata fuori luogo, forzata e poco convincente. Amara e intensa, Mille è forse la perla nascosta del lotto, quella in grado di conquistare anche gli scettici, coloro i quali potrebbero aver già tacciato di eccessivo lo-fi la musica fino ad ora ascoltata. Il chitarrino disco funky della sognante Quassù cita ancora il Battisti di IO TU NOI TUTTI seppur contaminato da estemporanei campionamenti e dal supporto di Simona Palumbo e Giulia Carnevali ai cori. L'intermezzo strumentale di Intervallo anticipa l'approssimativo hip hop di Ci Credo Ancora  e l'elettronica non finita di Ti Do Qualcosa che per quanto episodi a loro modo unici in tutto il cd, ben si amalgamano con le composizioni fin qui ascoltate e le ultime in arrivo. All'appello mancano ancora lo smarrimento descritto nella corale Spersi e i pigri fastidi presenti in Around. Chiusura affidata alle profezie di Remo Remotti che tesse un elogio all'amichetto suo Vittorio Cane. In attesa che venga conferito il premio Nobel a questa bizzarra accoppiata di poeti, animatori di cose belle, intelligenti e passionali noi programmiamo il lettore sulla funzione repeat, pigiamo il tasto play e ci rilassiamo sull'amaca della terrazza.

sabato 18 giugno 2011

DEL NOSTRO TEMPO RUBATO
Perturbazióne
- Santeria - 2010

Il lavoro fin qui più completo per la band di Rivoli. E non potrebbe essere altrimenti. Ventiquattro episodi eterogenei, come lo sono le ore che compongono le nostre giornate, oltre 70' di ottima musica, due cd, di cui uno vergine ad uso e consumo degli acquirenti che avranno la possibilità, dando libero sfogo alla propria fantasia, di masterizzarci sopra qualunque altra cosa vorranno ascoltare dei Perturbazióne o no, un accattivante packaging, il prezzo assolutamente irrisorio. Prodotto dai Perturbazióne in collaborazione con l'ottimo Fabio Magistrali, il successore del progetto LE CITTÁ VISTE DAL BASSO raccoglie registrazioni effettuate tra la fine del 2007 e il febbraio del 2010, lasso di tempo in cui i nostri hanno perso per strada il basso di Stefano Milano in favore di quello griffato Alex Baracco, già sodale del chitarrista Gigi Giancursi nell'interessante side project Totò Zingaro di cui troveremo modo di parlare in futuro, e accumulato numerose idee qui espresse concretamente. Vista la molteplice varietà di generi, potenzialmente ogni singolo brano potrebbe essere il più indicato biglietto da visita per presentare il cd; la scelta ricade sulla tenace disamina sociale di Mao Zeitung, spaccato contemporaneo della realtà italiana vittima di quel "mostro" chiamato Globalizzazione, affrontata con la leggerezza classica del suono Perturbazióne che molto deve agli interventi di violoncello affidati alla sempre più decisiva ed affascinante Elena Diana. Si ascoltino in proposito la corale riflessione di Mondo Tempesta, la richiesta di La Fuga Dei Cervelli oppure la sognante La Cura Del Sonno. Le Istruzioni Per L'Uso per un corretto ascolto di questo prodotto, confezionato e letteralmente inscatolato a dovere, sono comunque presenti nella sua opener che, con taglio lo-fi, ci introduce negli spazi sempre misurati e gentili Del Nostro Tempo Rubato, amara ballata totale poggiante sulle chitarre e l'organo suonati da Giancursi e Cristiano Lo Mele che fa il paio con la magica Primo, un pò Pacifico, un pò Cristina Donà, il tutto percorso da fremiti perturbati. Come perturbato è il punk di Vomito!, scheggia sonora e valvola di sfogo condensata in novanta secondi. Diversi i brani sotto i due minuti di durata: la rabbiosa e disillusa L'Italia Ritagliata, lo spunto solista del sempre prolifico Giancursi in Io Sono Vivo Voi Siete Morti, che non faticheremmo ad ascoltare nel repertorio di Samuele Bersani, i suoni British de La Canzone Del Gufo (Bohemian Groove) e l'incontro tra classica e indie de L'Elastico. Spiazzante la visionaria ed incalzante Cimiterotica, più tradizionale Partire Davvero, una volta ancora occasione per dar giusto spazio agli archi.  Destinata a restare nel repertorio live dei prossimi anni, la quotidianità di Buongiorno Buonafortuna è una delle tante canzoni perfette scritte dal gruppo, che qui decide di farsi accompagnare con un cameo da Dente, prima di raccontarci le memorie de Il Palombaro e di come La Cura Del Sonno sia momento per romanticherie e amore. Eppure Niente Eroi: oggigiorno è la Musica Leggera a farla da padrone, Come In Basso Così In Alto. Tutto sembra esser diventato un enorme spot Promozionale (...-el-lel-lè). Se però i livelli fossero sempre così alti non dovremmo temere che in questo Revival Revolver possa essere proprio il pop ad ucciderci l'anima. E ora via con i Titoli Di Coda. Bravissimi! ps: un ringraziamento Last Minute a tutti i ragazzi per la scelta Esemplare di inserire piccole preziose informazioni nel booklet, vera manna dal cielo per chi ama acquistare l'oggetto cd e conoscerne i retroscena sulla nascita.

venerdì 17 giugno 2011

THE CYBORGS
The Cyborgs
- INRI - 2011

1° maggio 2011. Mentre sulla Terra si festeggiano i lavoratori, dallo spazio due inquietanti esseri provenienti da chissà quale galassia altra avanzano spediti sul pianeta Azzurro proclamando il loro credo blues a suon di rasoiate chitarristiche e ritmiche avvolgenti. Trovare nuovi adepti per la loro missione sarà piuttosto facile con sermoni quali Cyborg Boogie, lineare e binaria come lo sono i due automi, 20th Floor, mix tra il seminale Robert Johnson e la Jon Spencer Blues Explosion, e lo scatenato rock'n'roll in odore di rockabilly di Dancy. Mentre Cyborg-0 si occupa di chitarra e voce, abravisa e metallica a causa della maschera da saldatore che gli copre il viso, il suo replicante Cyborg-1 governa tastiere e batteria simultaneously, concedendosi una puntata solista nel numero da saloon per solo piano e batteria di Bag Time, dal forte sapore vaudevilliano e honky tonk. Dopo lo stentoreo proclama contenuto in Prelude, la voce metallica di 0 assume nell'hard blues di No!No!No! i toni del miglior Billy Gibbons, imbastardito, se possibile, da un ispirato tanto quanto inaspettato Zakk Wylde. Nella costruzione di I'm Tired compare da lontano il fantasma di Ritchie Blackmore che per il blues mai ha nascosto la sua passione; in 2110, millantato anno di provenienza dei due androidi, la struttura si fa più marziale, abbracciando in realtà un periodo temporale che si rifà al blues delle origini, spingendosi difatto fino all'eta aurea dei vari Howlin' Wolf, Blind Willie Johnson e Muddy Waters. Proprio il recupero alla radice della tradizione blues terrestre, passata o presente che sia, attualizzata comunque secondo l'esperienza maturata negli anni trascorsi a macinare riff, fa dei Cyborgs un duo da tenere d'occhio, non solo su disco, ma, e forse soprattutto, in sede live, dimensione vieppiù consona per liberare l'estro e la fantasia generate from unknown origin da Cyborg-0 e Cyborg-1. Nella mezz'ora abbondante del cd, che ormai abbiam capito essere stato realizzato più per soddisfare le esigenze degli esseri umani che le loro, c'è ancora tempo per una sostenuta Human Face, presente peraltro anche in una electro versione remix, e per la polverosa Highway Man, tra gli episodi meglio riusciti con quel suo incedere di nuovo vagamente purple. In chiusura, ecco Cyborgs Boogie Reprise a tirare le fila dell'incalzante percorso iniziato una decina di brani prima. Forse chiedere a C-0 e C-1 di brillare in una pericolosa originalità potrebbe essere un azzardo; nel blues nulla si inventa, le basi sono a disposizione di chiunque e non chiedono innovazioni particolari. Anzi. La lezione migliore proviene  proprio dai continui giri di pentatoniche mandati a memoria, assimilati e proposti a quanti vorranno ascoltare. Questo i Cyborgs lo sanno davvero bene; così come sanno il segreto per far muovere a tempo il piedino e le testoline di noi poveri terrestri.

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giovedì 16 giugno 2011

12-06-2011
- VERDENA live @ Magnolia -
Segrate (MI)

Eccoci così all'ultimo live della giornata e di questo MiAmi 2011 che già solo nel corso di questa domenica ha offerto ben 19 concerti (su un totale di 49 nell'arco di tre giorni) lungo quelle che solitamente sono le ore di una faticosa giornata lavorativa.
Vero, lunedì ci sarà ancora un momento di incontro e poesia grazie alla presenza, fra gli altri, dell'icona Federico Fiumani presso il circolo Arci Bellezza di Milano; tuttavia il clou sta arrivando. Reduci da un tour ricco di sold out, i Verdena bazzicano fin dal pomeriggio gli spazi del Magnolia, ad ascoltare colleghi, confusi tra il pubblico, riconosciuti da pochi a caccia di foto e autografi. Li perdiamo di vista sul far della sera, man mano che gli istanti precedenti alla loro esibizione si avvicina e la concentrazione richiesta aumenta. Ma sappiamo dove e quando li ritroveremo. Il palco principale li attende per le 23. Già durante il live di Cesare Basile di qualche ora prima, in transenna si trovavano ragazzi e ragazze con le t-shirt della band di Albino, decisi a mantenere la posizione fino all'arrivo dell'ora X. Noi si rincula nella pancia del parterre, leggermente spostati sulla sinistra. Apprezziamo i Verdena, ma non siamo fan della prima ora. Negli anni però la loro crescita è stata esponenziale e pure le ultime prove in studio sono lì a dimostrarlo: giusto che davanti ci siano i loro veri cultori; corretto che anche per chi li segue con meno foga ci sia ugualmente posto per goderseli nel miglior modo possibile. Anche questa sera la scaletta pescherà a piene mani nell'ultimo ottimo doppio album WOW?

Beh, data la bontà di uno fra i pochi doppi album italiani convincenti, come potrebbe essere altrimenti? Scendono le luci, sale l'incitamento. Quattro figure salgono sul palco. Niente chitarre, ma ben due tastiere per il primo pezzo: Miglioramento è ugualmente una botta sonora davvero notevole che il pubblico gradisce senza mezzi termini, segno di come le novità del doppio cd siano state ampiamente metabolizzate. E dalle retrovie ecco muovere verso le prime file numerosi ragazzi diretti a rimpolpoare e serrare ulteriormente il già nutrito parterre che è venuto radunandosi negli ultimi minuti precedenti il live. Si procede senza chitarre anche con la successiva Il Nulla Di O., breve e straniante tra continui arpeggi alle tastiere, mentre su Rossella Roll Over è il prezioso quarto uomo Omid Jazi a dare il suo contributo alla sei corde visto che Alberto Ferrari trova anche in questa occasione perfetta collocazione al piano elettrico, defilato sulla sinistra del palco, con una Roberta Sammarelli sempre molto carica cui spetta invece il compito di occupare lo spazio solitamente destinato al frontman.

Ci vuole la sorpresa L'Ora È Buia perché Alberto torni ad imbracciare la sua Gibson ES335 liberando così Roberta ad un potente headbanging giusto qualche istante prima di calmare, ma solo apparentemente, le acque con un classico tratto da IL SUICIDIO DEL SAMURAI, quella Phantastica nervosa e ricca di meravigliosi sbalzi emotivi che, oggi come sempre, viene spinta dalla tonante batteria di Luca e dai cori di tutti quanti. C'è un Cristo che sanguina, ma pochi paiono prestar attenzione. Come per i ManzOni, l'intercambiabilità fra i vari componenti, fatto salva la posizione inamovibile del più giovane dei Ferrari dietro le pelli, regna sovrana da queste parti. Per Badea Blues troviamo così Alberto al basso, Omid alla chitarra e Roberta alle tastiere; a differenza della versione in studio, sembrerà strano vista la differenza di organico, pare di percepire influenze pearljamiane del primissimo periodo, proprio quello di TEN per intenderci, tra i solchi di una Wash più lisergica e quelli di una Black meno visionaria e descrittiva, amalgamate e filtrate dalla stessa malinconia.

Piano elettrico per Omid, chitarra per Alberto, basso per Roberta, Luca sempre un metro dietro tutti; Nuova Luce e il contaminato afflato prog di Lui Gareggia si rivelano utili per preparare il terreno a Caños, primo atteso estratto dall'ottimo REQUIEM, accolta da un boato liberatorio presto incanalato nel prevedibile coro che l'accompagna. Anche Logorrea procede rock e cattiva in questa direzione, metà esatta della setlist odierna di un impressionante concerto che si sta rivelando minuto dopo minuto, canzone dopo canzone, un autentico successo, tra schiaffi psichedelici, gusto per le sfuriate soniche e costruzioni melodiche sempre precise e di forte impatto. Ottimo l'audio, gestito dal fido Brujo in cabina di regia, coinvolgenti le canzoni proposte. Il killer riff di Muori Delay, seppur leggermente anticipato rispetto alla sezione ritmica, è l'ennesimo momento di esaltazione collettiva, nel parterre ovviamente, ma pure sul palco; Alberto e Roberta letteralmente scatenati con in mano i propri strumenti "naturali" trovano in Luca l'aggressiva e naturale controparte, perennemente intenta a schiantare tamburi e grancassa. Altri due momenti di diversa natura tratti da WOW: la pastorale Tu E Me viene eseguita all'acustica con i suoi tanti rimandi ad atmosfere care a John Paul Jones poi il drumming serrato di Canzone Ostinata rilancia un rock psichedelico che non disdegna di omaggiare nell'uso della voce i Beach Boys di Brian Wilson. Da qui in poi, fatta eccezione per È Solo Lunedì che deve ancora assurgere a quel ruolo avendone tranquillamente le caratteristiche, è una sequenza di hit (sì, perché anche il rock di questo scorcio di millennio ne ha!) ed entusiasmanti nuove proposte, immediate ed orecchiabili pur non poggiando sulla classica alternanza strofa-ritornello.

Si parte con il giorno delle streghe di Angie, incontriamo Razzi, Arpia, Inferno E Fiamme, meditiamo sull'ampio respiro della solare Scegli Me, osserviamo impazzire tutti quanti (pure i due Ferrari che, al termine del pezzo in questione, si manderanno per un istante a quel paese con la grazia che solo i fratelli possono avere) per la comparsata dello storico Valvonauta, veniamo travolti dal ruggito grunge della macchinosa Don Calisto e saltelliamo sospinti dall'accattivante ritmo british, con tanto di urletti wilsoniani, di Loniterp, cui si affiancano atmosfere ben più stranianti à-la, sì, a-là Verdena, marchio di fabbrica, che piaccia o no, ormai consolidato e DOCG. Ottima sequenza, non c'è che dire. La pausa a questo punto è doverosa. Ma non dobbiamo attendere molto affinché dal palco i quattro tornino a deliziare le centinaia di persone accorse (sì, è il buon Fabrizio Lavoro ad esserci passato davanti). È l'ultimo sforzo. Elefante è una mazzata; roboante, vorticosa e avvolgente, vede la band macinare ancora chilometri di decibel, triturarli e darli in pasto ai fan. Poi la quiete e un bel Sorriso In Spiaggia, anzi due, con un pianoforte molto Queen che consegna agli annali del MiAmi 85 minuti intensi, senza cali di tensione ed attenzione; volti stremati e felici ovunque, anche in pista con il dj set (... Mistero di Enrico Ruggeri!?!). La Musica è passata di qui. Il tour dei Verdena anche a casa vostra.

Andrea Barbaglia '11